I vini rossi del Piemonte, rappresentano la tradizione enoica italiana in tutto il mondo: il Barbaresco è un prodotto diverso dal “fratello” Barolo, con il quale condivide vitigno e area di produzione, ma ha una storia altrettanto affascinante da raccontare e caratteristiche particolari che lo rendono il candidato ideale per orientare le scelte dei nuovi consumatori e dei nuovi modi di consumo.
Insieme al Barolo, con il quale condivide le uve, il Barbaresco è tra i vini italiani più noti al mondo. A dimostrarlo le stime raccolte dal Consorzio di Tutela Barolo e Barbaresco Alba Langhe e Dogliani che sfiorano la quota di circa 4,5 milioni di bottiglie prodotte.
Rosso intenso, con tonalità dal rubino al granato e riflessi aranciati se invecchiato, il Barbaresco è un vino in grado di restituire emozioni senza tempo. Il suo spirito asciutto e sincero è la migliore espressione delle colline delle Langhe, in cui è consentita la sua produzione. Borghi autentici e senza tempo, come Neive, Treiso e l’omonimo Barbaresco, in cui per secoli la produzione enoica ha rappresentato l’affinamento di un’arte in grado di caratterizzare la cultura locale.
È proprio questo aspetto a fare del Barbaresco un vino unico.
Storia del vino Barbaresco
La storia del Barolo e del Barbaresco è, anche se diversa, molto legata.
Il Barolo trae le sue origini da una dinastia importante, quella della marchesa Giulia Colbert Falletti che insieme a suo marito, il marchese Carlo Tancredi Falletti di Barolo sperimentarono per la prima volta l’affinazione di questo vino in ambienti ipogei a temperatura controllata. Un’intuizione che incuriosì perfino il re Carlo Alberto di Savoia che, dopo averlo assaggiato, ne fu conquistato al punto dal decidere di acquistare un podere nei dintorni di Verduno, dove produrre il suo Barolo reale. Non a caso, proprio il Barolo viene ancora definito “Vinum regum, rex vinorum”, ovvero il “vino dei re, re di tutti i vini”.
Il pregio del Barbaresco sta, invece, in un certo senso proprio nel non possedere sangue aristocratico, ma una dimensione più popolare e legata alla tradizione. Sicuramente parliamo anche in questo caso di un vino noto sin da epoche remotissime (già i romani, sul territorio di Barbaresco, impiantarono le prime viti di Nebbiolo al posto delle querce) fu lanciato commercialmente solo nel 1894 da Domino Gavazza, insigne direttore della Regia Scuola di Enologia di Alba anche se ci sono documenti inconfutabili che confermano che la produzione di Barbaresco iniziò già da prima: la più antica bottiglia etichettata con il nome “Barbaresco” è del 1870.
L’impegno e la passione di Domino Gavazza, forse spinto dalla premiazione di questo vino, al tempo noto come “Neive”, durante la grande Esposizione di Londra del 1862, muoveranno i primi passi per la sua promozione con l’acquisto del Castello di Barbaresco e la costituzione delle prime Cantine Sociali di Barbaresco. Un’esperienza che si concluderà nel 1922 dopo la morte, nel 1915, di Domino Gavazza, dando però una spinta essenziale, nel ’34, alla nascita del Consorzio di Tutela del Barolo e Barbaresco.
Dopo la guerra, nel 1958, nasce la fondazione Produttori del Barbaresco, che contribuirà alla rinascita di tutto il territorio consorziando in principio 19 cantine, oggi divenute oltre 50. Un percorso che eleggerà, in epoche più recenti, questo vino a bandiera di un intero territorio, acquisendo la denominazione DOC nel 1966, e DOCG nel 1980.
Caratteristiche, note sensoriali e abbinamenti del Barbaresco
La produzione di Barbaresco è a base di 100% uve Nebbiolo, ed è consentita esclusivamente nei comuni facenti parte della DOCG. Un’area ricca di terreni argillosi, calcarei o un misto tra i due, rigorosamente in collina, dai quali vengono, infatti, esclusi quelli di fondovalle o pianeggianti in quanto troppo umidi o non sufficientemente soleggiati.
La pendenza del terreno e, di conseguenza, la sua natura drenante è un aspetto essenziale per la produzione di un Barbaresco che rispecchi la caratteristica struttura asciutta e armonica, per la quale è richiesto e rinomato.
Le rese per la produzione di Barbaresco devono essere controllate, al massimo 80 quintali per ettaro, e l’unico sistema di allevamento consentito è quello della controspalliera con potatura Guyot. Il vino possiede un grado alcolico minimo 12,5%che può salire a seconda dell’annata e dell’affinamento in cantina, anche se è da anni che si attesta sui 14/14,5%.
L’affinamento, insieme a quelli di raccolta, vinificazione e imbottigliamento, deve essere effettuato nella zona DOCG, con un periodo di invecchiamento minimo di 26 mesi, di cui 9 in botte di legno, e di 50 mesi per il Barbaresco Riserva.
Il Barbaresco è considerato tra i migliori vini italiani da arrosto. Ideale, quindi, per accompagnare selvaggina, tagli di carne alla fiamma, ma anche ricette in umido, come bolliti, brasati e spezzatini. Perfetto per cibi stagionati, come formaggi, o piccanti, il Barbaresco sposa meravigliosamente ricette a base di tartufo bianco, funghi e ortaggi autunnali, risotti di zucca, stufati e minestre di legumi.
Un vino perfetto per le lunghe sere d’inverno, in grado di intrattenere con la sua indole discreta ma corroborante, che accompagna la degustazione di piatti genuini e unisce conversazioni e silenzi intervallati da un sorso di puro piacere.